La mostra dedicata alle sculture di Fabio Viale “in Between” a cura di Filippo Masino e Roberto Mastroianni, presso i Musei Reali di Torino e contemporanea all’idealità del contatto.
Se dal citazionismo dei grandi artisti del passato, quali Michelangelo e Canova, Viale incarna la capacità di rendere trascendente quella fisionomia così tanto cara alla cultura tramandata dall’Antichità Classica - una tra tutti il “Laocoonte”, l’artista cuneese, classe (1976) - indaga il contatto epidermico della pelle per mezzo di una revisione tribale del tatuaggio cult. Da punto di vista fenomenologico risponde “mass community” relazionando il comportanto umano dell’esibizione o, se si vuole interpretare, di un culturismo instagrammatico.
L’estetica dell’immagine diventa catartica, sorpresa quindi dall’evidente percorso della vita e contrassegnata dalle pieghe e dalle storie simboliche che i tatuaggi, sovente rappresentano, per coloro se ne servono per imprimere ricordi sulle proprie membra.
La scultura è sempre di più dominante nel percorso diacronico dell’installazione site specific, e in questa mostra è evidente la ricerca concettuale dello “stare nel mezzo”, una segmentazione tra le stratificazioni sociali di aree intellettualmente umanistiche e post-neoplatoniche in reazione alla dicotomia dell’influenza di immagini esterne all’occhio umano e alle cronache sub-urbane - si pensi ad esempio ai racconti tradotti in rassegna dai ridondanti social media - per creare icone ritmiche umanizzate della società con i propri pregi e difetti.
Mentre oggi assistiamo all’idea del superamento di stile, Viale recupera “vestizioni di altre epoche”, evocando ad esempio la “lorica musculata” per l’opera intitolata “Lorica” (2021) un busto da condottiero indossabile dedicato al rapper ed influencer FEDEZ, pseudonimo di Federico Leonardo Lucia (1989), riproducente grazie ad un’accurata scansione, i tatuaggi della celebrity. Si sposta il cardine del significato dell’eroicità inteso nelle imprese e nelle battaglie ambite nel passato, per smistarlo a una "iconografia istoriata" di glorie e lotte arbitrate dalle parole del nostro tempo, a forza dei diritti civili e umani.
©️ Gabriele Romeo